81° Mostra Internazionale dell’Arte Cinematografica di Venezia
Dal 28 agosto al 7 settembre di quest’anno si terrà presso il Lido di Venezia la 81° Mostra Internazionale dell’Arte Cinematografica, promossa ed organizzata dalla Biennale di Venezia. Attori, registi, lavoratori del settore della settima arte si riuniranno per la proiezione e la premiazione di prodotti e titoli, perpetuando una tradizione che si ripete da più di 90 anni. La manifestazione è, infatti, il festival del cinema più antico, nonché uno dei più prestigiosi nel panorama mondiale, al pari degli Academy Awards, dei Golden Globes, dei Festival di Berlino e di Cannes.
In attesa di assistere agli eventi che avranno luogo nella prossima edizione della kermesse cinematografica., attraverso lo spoglio di giornali e riviste conservate presso l’Emeroteca e la Biblioteca della Fondazione Banco di Napoli si ripercorrono gli avvenimenti che hanno portato alla nascita del Festival, alcune delle premiazioni più memorabili e il ricordo di pellicole d’eccellenza che hanno caratterizzato le edizioni dei precedenti decenni di storia della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia.
La Mostra d’Arte Cinematografica nasce nel 1932 da una costola della Biennale di Venezia, l’Esposizione Internazionale di arte contemporanea fondata nel 1895, e che dal 1930 comprendeva anche il Festival Internazionale di musica. Il presidente di tale istituzione culturale, Giovanni Volpi, ha l’idea assieme allo scultore Antonio Maraini e Luciano de Feo di ampliare il campo delle arti celebrate in occasione della manifestazione includendo il cinema, un campo artistico in pieno fermento d’idee e sperimentazione.
La prima “Esposizione Universale d’Arte Cinematografica” si tiene dal 6 al 21 agosto 1932 sulla terrazza dell’Hotel Excelsior al Lido di Venezia. Non si tratta di una rassegna competitiva, bensì di una presentazione e proiezione di pellicole di spessore tra cui si annoverano film poi divenuti “classici” della storia del Cinema. Intervengono alla manifestazione le stelle più fulgide del grande schermo quali Clark Gable, Joan Crawford, Greta Garbo, nonché il divo italiano Vittorio de Sica.
Il dottor Jekyll di Robert Mamoulian è la prima pellicola a essere proiettata alla mostra, e di nuovo dalla penna di un autore inglese deriva il tema del film che più ha suscitato stupore, Frankenstein di James Lane, una delle opere più importanti del genere horror, che s’intreccia al cinema espressionista.
Il Mattino, A.41, n.187 (7 agosto 1932)
La seconda edizione della Mostra ricorre nell’estate del 1934, con cadenza biennale in accordo con la manifestazione culturale da cui è ancora dipendente. Il carattere della rassegna diviene competitivo, con l’istituzione della Coppa Mussolini da assegnare al miglior film straniero e italiano; la vittoria è assegnata non da una giuria formata ad hoc ma dagli esperti e dal pubblico intervenuti in occasione della Biennale. Anche gli attori si aggiudicano premi per le loro performances: è istituita la “Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile e femminile”, dal nome del Presidente – titolo ancora invariato – nonostante si sia spesso posto sotto i riflettori il conflitto etico con l’ombrosa personalità del politico fascista e l’anacronismo nell’uso di tate denominazione. La prima attrice a essere premiata nella categoria è una ventiseienne Katharine Hepburn per il suo ruolo nella seconda trasposizione cinematografica del cult della letteratura americana, Piccole Donne, in cui interpreta la protagonista Jo.
Dal 1935 in poi la Mostra diviene annuale, nel 1936 è istituita una vera giuria internazionale e nel 1937 s’inaugura il nuovo Palazzo del Cinema, costruito a tempo di record e ancora oggi sede principale della manifestazione. La tendenza positiva dei primi anni si interrompe bruscamente nel 1938, quando le pellicole tedesche e italiane quali Olympia e Luciano Serra pilota vincono come miglior film per il solo contenuto propagandistico, prescindendo le qualità estetiche dell’opera in sé. Ѐ sull’onda di tale indignazione internazionale e delle nascenti tensioni con il partito fascista che il ministro della pubblica istruzione e belle arti francese, Jean Zay, propone la creazione di un festival cinematografico francese, da tenere a Cannes, che avrà luogo soltanto nel 1946 a causa dello scoppio del secondo conflitto mondiale.
Durante questi anni la Mostra osserva un periodo di pausa bellica. Le uniche edizioni, tra il 1940 e il 1942, non sono considerate nella numerazione poiché sono organizzate lontane dal Lido e coinvolgono prevalentemente le produzioni di nazioni allineate all’Asse. Le attività riprendono nel 1946, e in questi anni sul panorama cinematografico si affacciano alcuni dei titoli più significativi della storia del cinema italiano ed internazionale. Viene finalmente istituito il celebre premio del Leone d’oro al miglior film; nel 1948 è conquistato dalla pellicola molto discussa e apprezzata di Luchino Visconti, La terra trema, vincitrice inoltre del Premio Internazionale per i suoi valori stilistici e corali. Ispirato al romanzo di Verga, I Malavoglia, narra le vicende di una povera famiglia di pescatori catanesi, esaltando la componente verista dell’opera con una interpretazione in lingua siciliana da parte di attori sconosciuti, abitanti di Aci Trezza.
The Penguin Film Review, n.9, fig. 3-5 (1949)
Ѐ da ricordare, inoltre, la “trilogia della guerra antifascista” di Roberto Rossellini, uno dei principali esponenti del neorealismo italiano. Il primo film, e anche il più celebre dell’intera trilogia, è Roma Città Aperta. Girato subito dopo la fine del conflitto mondiale, nel 1945, ha definito per decenni l’immagine dell’occupazione tedesca e della resistenza della capitale, grazie alle famose interpretazioni di Anna Magnani e Aldo Fabrizi.Il secondo, Paisà, ricorda l’avanzata degli alleati dal sud al nord dell’Italia, con una struttura a 6 episodi ognuno ambientato in una diversa località. La trilogia si chiude a Berlino con Germania anno zero, con la città occupata dagli alleati dopo la fine della guerra. I film sono accomunati dalla partecipazione di attori nel ruolo di sé stessi, rendendo la loro performance pregna di connotazione personale ed autobiografica: ex politici, intellettuali, ragazzi, vagabondi si riscattano e segnano una frattura col passato nazista anelando un nuovo inizio.
Con gli anni Cinquanta la mostra acquisisce un maggior respiro internazionale, includendo tra le pellicole candidate opere provenienti dai grandi schermi indiani e giapponesi e portando all’attenzione del panorama cinematografico mondiale gusti e interessi esotici. È proprio a una di queste categorie che appartiene il film premiato con il Leone d’oro dell’edizione del 1951: Akira Kurosawa trionfa con Rashomon, nel quale s’indaga e si ricostruiscono le vicende attorno all’omicidio di un samurai tramite le testimonianze contrastanti dei personaggi coinvolti. Fortemente ispirato al cinema muto, non ottiene una buona accoglienza in patria anche per la struttura innovativa della narrazione che non segue un andamento cronologico, costruita con sequenze temporalmente disomogenee, flashback e frammenti di girato, molto apprezzati in occidente e ancora fortemente utilizzati nel cinema contemporaneo.
In questa decade si affermano nuovi divi del mondo del cinema: partecipano alle première attori del calibro di Marlon Brando, Brigitte Bardot, Gina Lollobrigida, Sophia Loren, Alberto Sordi e Vittorio Gassman. Questi ultimi due in particolare saranno protagonisti de La grande guerra di Mario Monicelli, premiato nell’edizione del 1959. Si assiste nell’ultima kermèsse degli anni ‘50 a un evento d’eccezione, un ex aequo per l’assegnazione del Leone d’Oro al film di Monicelli e a Il Generale della Rovere di Roberto Rossellini. Il primo è un affresco della condizione sociale negli anni del primo conflitto mondiale, in cui si uniscono due generi agli antipodi, la commedia e la tragedia; l’esaltazione della guerra propagandata dall’ideologia fascista e avallata dal medium cinematografico dell’epoca crolla sotto l’osservazione della cruda realtà vissuta nelle trincee. Vittorio de Sica è invece il protagonista del film di Rossellini, in cui interpreta un truffatore che per scampare alla condanna accetta di diventare generale nel carcere di San Vittore, imparando attraverso il contatto con la Resistenza i valori della dignità e dell’onore.
La direzione della Mostra da parte di Luigi Chiarini è sicuramente una delle novità rilevanti del decennio successivo, che si protrarrà dal 1963 fino al 1968. Egli segue una condotta molto rigorosa nella conduzione della Mostra, rifiutando ogni ingerenza politica e cercando di resistere al processo di commercializzazione del prodotto cinematografico, desiderando esaltare sempre la componente artistica. Già docente universitario, Chiarini è per alcuni anni direttore della più antica rivista del Centro Sperimentale di Cinematografia, Bianco e Nero, edita a Roma dal 1937 e tutt’ora in corso. Presso il Fondo De Rosa della Biblioteca della Fondazione Banco di Napoli si ritrovano numerosi volumi del periodico, appartenenti all’arco temporale tra 1947 al 1952. Oltre a contenere interessanti riflessioni sull’industria cinematografica, sulle varie scuole di produzione e sulle tematiche da esse trattate, la rivista contiene numerosi inserti fotografici di qualità che offrono un piccolo assaggio delle pellicole più discusse del momento.
La rivista analizza il mezzo cinematografico soprattutto da un punto di vista teorico e filosofico, interventi, spesso a carattere monografico, si soffermano frequentemente sul concetto di estetica, sui messaggi veicolati dalle pellicole, sull’introduzione di tecniche come l’utilizzo del colore. Tra gli esperti e i letterati intervenuti tra le pagine della rivista si può contare anche Benedetto Croce, che indirizza una breve lettera al direttore soffermandosi sul concetto di arte: le varie espressioni di essa, la pittura, la musica, il teatro, il cinema, altro non sono che schematizzazioni derivanti dalla tendenza umana alla categorizzazione; pur utilizzando mezzi e canali differenti le arti sono tutte alla pari, tutte frutto di uno stesso processo: un atto di creazione estetica.
Interessante, inoltre, è la pubblicazione di alcuni schizzi provenienti dai quaderni preparatori delle scene di alcuni film di spicco. In questo caso, nel numero 2-3 di Bianco e Nero del 1951, si osserva la bozza di ricostruzione di un set de La terra trema di Visconti, già nominata in precedenza, realizzata da un assistente alla sceneggiatura. L’intento è definire gli elementi di raccordo della scena, utili nella cinematografia a creare dei punti di riferimento visivi nell’ambientazione. I disegni si avvalgono di didascalie e di un testo che analizza nel particolare la costruzione della scena soffermandosi sulle scelte e sull’impostazione.
Bianco e Nero, A.12, nn.2-3, p.112 (feb-mar 1951)
Le agitazioni politiche del Sessantotto coinvolgono anche la Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia e lo statuto di epoca fascista ancora in vigore è molto contestato. L’effetto di tali agitazioni è l’abolizione del carattere competitivo del festival, che dal 1969 al 1979 non assegna né Leoni d’oro né altri premi; per alcuni anni la Mostra non è neppure organizzata. A sancirne la rinascita nel 1979 è il nuovo direttore Carlo Lizzani, che comincia un’opera di recupero del prestigio internazionale che la Mostra aveva ormai perduto, rinominandola con il titolo, temporaneo, più sobrio “Mostra Internazionale del Cinema”. Il periodico bimestrale Cinema d’oggi riporta la notizia del ritorno della kermèsse con un articolo del presidente dell’Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche, Carmine Cianfarani, il quale guarda con speranza al futuro della manifestazione, cui quell’anno parteciperà anche il nuovo Ministro delle Arti e dello Spettacolo, Bernardo d’Arezzo.
Il momento critico è superato e gli anni Ottanta rappresentano un decennio florido per la mostra. In questo periodo sono introdotte nuove sezioni: “Notte”, “Orizzonti” e “Eventi Speciali”. A quest’ultima categoria appartiene uno dei film più discussi del decennio, se non quello che ha suscitato più scalpore nella storia del festival: L’ultima tentazione di Cristo del regista italo-americano Martin Scorsese. Ispirato ai vangeli apocrifi, il film del 1988 è tacciato da subito come pellicola scandalosa, tanto da richiedere una sorveglianza particolare durante la proiezione al Palazzo del Cinema. La Chiesa non vede di buon occhio il film nel quale la figura del Cristo appare molto diversa dalle narrazioni evangeliche canoniche, molto più fallibile e imperfetta, dipinta in preda ai dubbi, all’esitazione, alla tentazione di scampare a un destino già prestabilito che non ha avuto la possibilità di scegliere.
La sezione “Notte” ospita film di grande interesse internazionale; è in questa selezione che viene presentato nel 1999 come film di apertura della mostra Eyes Wide Shut, l’ultimo film di Stanley Kubrik. Alla proiezione partecipa anche la coppia di protagonisti, Nicole Kidman e Tom Cruise, che attira al Lido una pletora di spettatori. Scomparso pochi mesi prima dell’uscita del film, il regista riesce a toccare con quest’ultima fatica il genere erotico – psicologico, non ancora affrontato nell’ampio raggio di generi cinematografici da lui sperimentati nel corso della sua carriera. La pellicola è stata poi ripresentata fuori concorso in occasione del compimento dei suoi 20 anni, nel 2019; ad accompagnare la proiezione, un cortometraggio di 8 minuti intitolato Never Just a Dream.
Per l’81esima edizione della Mostra Internazionale dell’Arte Cinematografica gli estimatori della settima arte avranno a disposizione, dal prossimo 28 agosto, undici intensi giorni per fruire di proiezioni, masterclass e incontri con le stelle del grande schermo protagoniste delle pellicole più attese e discusse. Da sempre la mostra d’Arte cinematografica di Venezia si distingue tra tutte le manifestazioni affini per l’atmosfera unica nella quale hanno luogo gli eventi, un posto in cui la bellezza tangibile della città d’arte si fonde a quella impalpabile, passionale e coinvolgente del cinema che, per citare Pasolini, “altro non è che un’esplosione dell’amore per la realtà”, singola o molteplice, che il cinefilo riuscirà sempre ad apprezzare, e in cui riuscirà ad immedesimarsi riconoscendovi una sfumatura della propria identità.