STORIA DEL BANCO DI NAPOLI
Il Banco di Napoli trae origine dai banchi pubblici delle opere pie, sorti a Napoli tra il XV e il XVIII secolo.
Tradizionalmente si fa coincidere la data di nascita del Banco di Napoli con quella della costituzione del Monte della Pietà nel 1539, ma alcuni studi – svolti dal prof. Domenico De Marco, esperto di Storia Economica ed Accademico dei Lincei, e da Eduardo Nappi, che da anni studia e lavora presso l’Archivio Storico – hanno portato alla luce documenti riguardanti la cassa di deposito della Casa Santa dell’Annunziata che fanno retrodatare questa nascita al 1463.
Dai documenti ritrovati da questi due studiosi, ma anche da altri lavori realizzati nei secoli precedenti, si può affermare che alle origini dell’attività dei banchi pubblici napoletani ci furono le “casse di deposito” delle case sante, tra cui la più antica è la Casa Santa dell’Annunziata. Anche altre istituzioni pie, come il Conservatorio di Sant’Eligio e l’Ospedale degli Incurabili, facevano operazioni bancarie prima che divenissero veri e propri banchi.
Gli istituti divennero dunque, nel ‘500, una parte fondamentale della storia del meridione e non solo, come si può approfondire nella sezione “vita dei banchi”. Nel 1647 Masaniello capeggiò una rivolta contro il viceré spagnolo. I banchi furono assaltati e le riserve rubate.
Nel 1734, con l’ascesa di Carlo di Borbone, la vita economica di Napoli riprese vigore (di questo periodo la Reggia di Portici, la progettazione della Reggia di Caserta e il Teatro San Carlo).
L’accordo tra la corona e la borghesia illuminata si ruppe però con la Rivoluzione Francese. Gli Stati Europei formarono una coalizione antifrancese e Ferdinando di Borbone vi aderì dando inizio alla corsa agli armamenti a causa della quale si attinse denaro dai banchi pubblici fino all’esaurimento delle riserve. Nel 1806 Giuseppe Bonaparte si insediò a Napoli; successivamente Gioacchino Murat riunì tutti i banchi pubblici superstiti e fondò il “Banco delle Due Sicilie”.
L’avvento dell’industrializzazione aumentò l’importanza delle Banche e il Banco delle Due Sicilie istituì la Cassa di Sconto (1818) ed aprì due filiali in Sicilia, a Messina ed a Palermo e successivamente a Bari. La Cassa di Sconto sostenne l’economia del sud erogando ingenti finanziamenti e in tre anni il patrimonio del raddoppiò.
Nel 1861, con l’unificazione dell’Italia, la lira incominciò a circolare in tutto il regno ed il Banco delle Due Sicilie assunse la denominazione di “Banco di Napoli”. Il Banco incominciò ad emettere banconote e sviluppò l’esercizio del Credito Fondiario ed Agrario nel Mezzogiorno. Incominciò la prima politica di espansione del Banco con l’apertura delle filiali a Roma, Firenze, Venezia, Milano, Torino, assumendo un ruolo determinante nella trasformazione dell’Italia.
La nota crisi economica della fine del 1800, provocò la riduzione della banche di emissione a cui sopravvissero la Banca d’Italia, il Banco di Napoli ed il Banco di Sicilia. Il Banco di Napoli, in particolare, superò la crisi grazie alla politica di rigore instaurata dal Direttore Generale Nicola Miraglia che assunse la Direzione Generale nel 1896.
Dopo la conquista dei territori africani in Eritrea (1890) e in Libia (1912), il Banco aprì una filiale a Tripoli ed una a Bengasi. A seguito della grande emigrazione italiana verso l’America dell’inizio del 1900, il Banco aprì nel 1906 la filiale di New York, a cui seguirono quelle di Chicago e Buenos Aires, divenendo la prima banca italiana con filiali all’estero.
Sempre in quell’anno Napoli fu danneggiata dall’eruzione del Vesuvio ed il Banco intervenne a sostegno della popolazione colpita, così come nel 1908, a favore delle città di Messina e Reggio Calabria distrutte dal terremoto.
Durante la prima guerra mondiale il Banco finanziò gli enti granari, partecipò ai prestiti nazionali per sostenere le industrie che contribuirono allo sforzo bellico ed erogò ingenti somme a favore dei profughi, oltre ad istituire a Napoli l’Ospedale Pausillipon per i bambini abbandonati.
Nel 1926, la Società delle Nazioni, per fronteggiare il caos monetario del dopo guerra, obbligò gli Stati Europei ad istituire le Banche Centrali. L’emissione divenne così ad esclusivo appannaggio della Banca d’Italia e il Banco perse così la facoltà di emettere banconote. In quegli anni l’architetto Piacentini curò la ricostruzione della facciata della sede del Banco di Napoli di Via Toledo, che fu inaugurata nel 1939.
Nel 1935 l’Italia occupò l’Africa Orientale ed il Banco aprì altre tre filiali nei territori occupati, così che dalle 75 filiali del 1926 passò a 200 nel 1940. Sia le filiali nord americane che quelle africane, però, vennero perse a seguito della grande tragedia che fu la seconda guerra mondiale (1940 – 1945).
Iniziò comunque una lenta opera di ricostruzione ed il Banco finanziò, negli anni ‘60, una massiccia politica edilizia. Tra le altre cose partecipò alla nascita dell’Alfa Sud di Pomigliano d’Arco e finanziò il Teatro San Carlo, il Teatro Mercadante e l’Orchestra sinfonica Scarlatti. Il Banco riprese la sua espansione al Nord d’Italia con l’apertura di nuove filiali fino ad arrivare, negli anni ’80, ad avere 500 filiali in Italia. In tale epoca il Banco iniziò ad espandersi con nuove filiali in Europa e nel mondo.
Nel 1988 il Banco aveva filiali a Buenos Aires, Francoforte, Hong Kong, Londra, New York, Parigi, Madrid, uffici di rappresentanza a Bruxelles, Los Angeles, Zurigo, Sofia, Mosca e filiazioni come il Banco di Napoli International a Lussemburgo. Dopo la scissione tra Banco di Napoli S.p.A. e Fondazione, nel 1994 ebbe inizio l’ultima crisi della Società bancaria che, dopo alterne vicende, si è risolta con l’incorporazione del Banco nel gruppo Sanpaolo IMI, avvenuta a dicembre del 2002.